ANATOMIA DI UN DELITTO
Come molti appassionati di Giallo Scandinavo sanno, c’è stato un evento scatenante nella storia svedese che ha determinato la proliferazione di così tanti scrittori di genere, e mi riferisco all’omicidio del primo ministro Olaf Palme, avvenuto il 28 febbraio 1986 poco dopo le 23, in pieno centro a Stoccolma. Il politico era andato a vedere un film con la moglie Lisbeth (vi dice niente questo nome?) e stava rincasando, quando qualcuno alle sue spalle imprecò. Palme si voltò e vide un uomo sparargli a bruciapelo due proiettili 357 Magnum. Una di queste pallottole ferì anche la moglie. Mentre giungevano i primi soccorsi, l’assassino scomparve nel nulla.
La nazione del welfare, della socialdemocrazia e della tolleranza, quella che pensava di poter assumere una terza posizione rispetto ai due blocchi della Guerra Fredda, subì un contraccolpo violentissimo, ma il peggio doveva ancora venire. Le indagini condotte dalla polizia, confuse, dense di depistaggi e intromissioni di altri apparati dello Stato (ci ricorda qualcosa?), non portarono mai all’individuazione di un vero colpevole. Christer Pettersson, alcolizzato, violento e tossicodipendente, venne condannato all’ergastolo, ma fu poi prosciolto dalla Corte Suprema per mancanza di prove nel 1998. Questa vicenda divenne il più grande giallo della storia della Svezia e negli anni scomodò le piste più fantasiose e improbabili: dall’immancabile Cia, all’estrema destra, dai trafficanti di armi fino a ipotizzare un coinvolgimento di Licio Gelli e della P2 italiana.
Molti autori svedesi hanno affermato, negli anni, di essere diventati scrittori proprio a causa dello sconvolgimento che questo omicidio ebbe nella società e, inconsciamente, per cercare di comprenderne le ragioni. Per questo motivo nei loro romanzi non c’è solo l’aspetto legato all’indagine e all’individuazione del soggetto criminale, ma anche una continua analisi sociale e ambientale sulle cause che portano al delitto.
Uno tra i primi ad ammettere queste influenze fu Henning Mankell, che nei suoi numerosi romanzi sul commissario Kurt Wallander cita spesso l’omicidio Palme come la fine del “Sogno Svedese” e l’inizio di un’epoca di degrado della società e dei propri valori. Lo stesso Stieg Larsson, forse il romanziere di maggior successo editoriale di questa generazione, riporta l’episodio nel “La regina dei castelli di Carta”, ma la figura del giornalista Mikael Blomkvist, protagonista della trilogia Millennium, sembra costruita appositamente per compensare le figure che indagarono sul caso Palme senza successo.
Ma c’è un altro autore che ha fatto del delitto Palme un fulcro portante della sua opera, e mi riferisco a Leif GW Persson, autore della trilogia “La caduta dello Stato Sociale”. Persson, professore di criminologia all’Accademia di Polizia di Stoccolma, consulente dei Servizi Segreti, nei tre romanzi “Tra la nostalgia dell’estate e il gelo dell’inverno”, “Un altro tempo, un’altra vita”, “In caduta libera come in un sogno” descrive la sua “verità”, fatta di spie, servizi deviati, indagini parallele, poliziotti incompetenti e depistaggi. Al termine dei tre romanzi, a un lettore viene da chiedersi quanto sia andato vicino alla verità. E la risposta è…